Forbidden Death~ Ringo and Bara No Shii {Death Note Yaoi}

Just a Number

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˜Sense
view post Posted on 11/3/2012, 12:49




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«Oggi ce la devo fare!» Esclamò il ragazzo.
Seduto sulla sedia della sua cucina, il giovane s'era appena preparato la colazione, pronto per affrontare una nuova giornata. Un cappuccino caldo, sulla cui superficie si era formato un piccolo strato di schiuma, e una classica brioche alla crema. Addentò quest'ultima un paio di volte, bevendo successivamente un sorso dalla tazza bianca. Ben presto, con questo ritmo ripetitivo, spazzolò tutta la colazione, posando una mano sulla pancia in segno di sazietà.
«Meglio che mi prepari...» Sospirò, varcando la soglia della cucina e salendo le scale in marmo, entrando poi nella porta posta di fronte i gradini. Era il bagno.
Si mise di fronte allo specchio, ma non si guardò, bensì afferrò lo spazzolino, spremendo su di esso il dentifricio e lavandosi i denti con cura. Il suo sguardo, una volta finito, s'alzò verso la sua immagine riflessa.
«Un po' di gel e via» Pensò il ragazzo.
Strinse tra le mani la confezione del gel, spargendone una piccola quantità sulla mano, sufficiente a fissare i suoi capelli neri verso l'alto. Dopo averli sistemati, si lavò le mani e il volto, scendendo di nuovo al piano terra.
«Mamma, io vado» Gridò per farsi sentire, mentre aveva già messo sulle spalle la cartella scolastica.
«Va bene, ciao!» Fu la risposta.
Uscì di casa.

La scuola distava davvero pochi passi da casa sua, sicché appena fuori poteva già intravederla dietro alcuni alberi. Procedette a passo spedito, era leggermente in ritardo ma doveva arrivare puntuale. Tuttavia era un po' distratto, lo si vedeva negli occhi, nei suoi movimenti agitati, nel suo sguardo perso.
Il suono di un clacson lo scosse:
«Hey, attento dove vai ragazzo!» Gli urlò un uomo burbero dalla macchina.
Il giovane abbassò il capo, terminando di attraversare la strada, che distrattamente non aveva controllato se fosse libera o meno.

La scuola, ben presto, gli apparve davanti: un immenso edificio d'un arancione freddo, sul quale si potevano scorgere tutti i mattoni con cui era stato eretto. La sua base era prettamente rettangolare e di fronte si estendeva un piacevole giardino condito di fiori e alberi. L'ambiente esterno era gradevole, quello interno un po' meno, sembrava quasi opprimente.
Diede uno sguardo all'orario: 7.58.
«Dannazione, sono tutti dentro!» Imprecò dopo aver constatato il suo – quasi – ritardo.
Aumentò il passo trasformandolo in una corsa, attraversò completamente il giardino e cominciò a salire i gradini dell'ingresso, superandoli immediatamente.
La sua classe era al piano superiore: ancora scale. Percorse il vasto atrio, giungendo ad un corridoio il cui termine era proprio l'accesso al piano successivo. Raggiunse subito i gradini con foga cominciando a salire. Odiava arrivare in ritardo, doveva assolutamente entrare per le 8:00.
Oltre ai suoi passi se ne aggiunsero altri. Voltò il capo, continuando a salire le scale a chiocciola, ed intravide una sagoma scendere. Erano sulla stessa linea, se non si sarebbe fermato si sarebbero schiantati, dato che anche l'altra persona sembrava di fretta. Si bloccò giusto in tempo, frenando proprio di fronte all'altra che, accortasi anche lei della presenza di un altro individuo, s'era apprestata a fermarsi. Il ragazzo controllò chi fosse, e una volta vista abbassò subito il capo. Era lei.
Bellissima come sempre, la ragazza dava palesemente l'impressione di essersi spaventata. Scostò i lunghi capelli neri dagli occhi, portandoli dietro la fronte:
«Ti chiedo scusa...» Disse al giovane, che con il volto basso cercava di non incrociare gli sguardi.
«F-Fa niente...» Riuscì a blaterare a fatica.
La ragazza sospirò con un sorriso di sollievo, e riprese a scendere le scale.
«Merda, mi ero imposto che dovevo farcela!» Pensò tra se ripensando alle parole dette qualche minuto prima a casa.
«Perché non riesco a chiederle il numero di telefono?!» Mormorò successivamente senza farsi sentire. Un pensiero interruppe di colpo tutti i suoi pensieri. Guardo l'orario: 8:01.
«No!» Esclamò risalendo i gradini e raggiungendo in pochissimo tempo la sua aula. Bussò ed entrò subito. Quando vide la cattedra ancora vuota, sospirò rilassandosi. Il professore non era ancora arrivato. Salutò i suoi compagni di classe, sedendosi affianco al suo vicino di banco, un ragazzo piuttosto silenzioso ed attento, uno di quelli che preferisce ascoltare in classe e non studiare a casa.
Il professore entrò subito dopo:
«Buongiorno» Disse con la sua voce roca e forte.
Gli alunni si alzarono, la loro era una classe molto educata e di ottimi risultati. La lezione cominciò.

«Driiin» La campanella annunciò l'intervallo.
Tutti scesero le scale verso il giardino, luogo dove oramai tutta la scuola era solita passare l'intervallo. Qualche gruppo di ragazzi chiacchierava, altri fumavano, altri giocavano sebbene avessero 16 anni, ed altri ne approfittavano per chiudere gli occhi per qualche minuto.
Una volta fuori il ragazzo la vide subito: appostata come al solito di fianco ad un grosso albero, la ragazza si divertiva a parlare con le amiche. Oramai era sempre lì.
«Devo trovare una scusa per avvicinarmi...» Pensò con titubanza.
L'idea gli balzò immediata e fattibile, ma si sentiva in imbarazzo se ci sarebbero state le sue amiche ad ascoltarlo. Decise di aspettare.
«Driiin» L'intervallo terminò, ora era il momento perfetto per chiederle il numero.
Era sempre più vicina, mentre il giovane si era appostato sulle scalinate che davano l'accesso all'edificio. Eccola, insieme alle sue tre amiche. Queste passarono davanti, e fu in quel momento che il ragazzo, seppur colto da un forte imbarazzo, si fece avanti, cercando di fermarla:
«Hey, mi dispiace per prima...» Prese coraggio.
La ragazza si voltò verso di lui, sorridendo e salutandolo con la mano:
«No, tranquillo, davvero.»
«Perfetto, le sue amiche sono andate...» Pensò il giovane, constatando che la sua strategia era andata a buon fine.
«Come ti chiami?» Cercò di conversare un po' con lei, prima di chiederle il numero di telefono.
«Sara, e tu?»
«Andrea...» Decise di non indugiare oltre, infondo la ricreazione era terminata ed entrambi dovevano ritornare in classe:
«Scusa, non è che mi dares...» La ragazza lo interruppe:
«Ora devo salire, mi spiace. Ci sentiamo domani, ciao!» Gli fece “ciao” con la mano e si congedò entrando nella scuola.
Non ce l'aveva fatta, ciò nonostante era davvero felice. Non era riuscito ad avere il suo numero, ma tutto sommato era così necessario? Frequentava la sua scuola, poteva vederla ogni giorno, e lei stessa aveva appena detto “ci sentiamo domani”. Perché insistere nell'avere quell'insieme di numeri, quando poteva vedere sempre il suo sorriso radioso?
«Al diavolo questi numeri...» Sussurrò prima di entrare nell'edificio, con un sorriso stampato sul volto.
 
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